Il mondo capovolto all’interno. Esploratori dalla ragione diminuita

Leonardo Sangiorgi, ISIA Roma, leonardo.sangiorgi@edu.isiaroma.it

Ragione Diminuita contro Realtà Aumentata

L’uso sempre più esteso dei mezzi di comunicazione di massa, l’avvento o forse è meglio dire, la creazione di un universo digitale e l’“invasione” costante e pervasiva delle nuove tecnologie, corrispondono allo sviluppo di un periodo migliore, di un mondo più accogliente ed in armonia con e per l’uomo? Gli esempi che quotidianamente ci circondano, ci lasciano perplessi. Le tecnologie, strumenti potenti ed eccezionali, sono utili, ci servono? Sono buone o cattive? Anche nel mondo creativo in generale e in particolare in quello dell’arte, questi strumenti vengono usati in modo sempre più intenso ed evidente. E sempre più evidente e responsabile è il compito sociale e politico di chi si esprime nel linguaggio poetico dell’arte visiva con questi strumenti.

Ovviamente, come tutti sanno, non esistono buone o cattive tecnologie, ma sicuramente esiste un loro uso efficace a vantaggio dell’uomo, contrapposto a un uso inefficace e distorto.

In gran parte ciò dipende dalla mente e dallo spirito, qualcuno direbbe anche dall’anima, di chi avvia, usa, guida e condivide mezzi dalla molteplice natura, sia materiale che immateriale.

Gli strumenti che ci danno la possibilità di espandere le nostre capacità di comunicare con gli altri, di moltiplicare le nostre presenze e gli incontri nello spazio e nel tempo, di condividere sempre di più e con un maggior numero di persone di culture diverse, idee, scenari e visioni fortemente orientate verso il mondo esterno – un mondo in cui siamo fortemente radicati ma allo stesso tempo ospiti – possono essere rivolti e puntati verso un altro universo più interiore e personale? Possono migliorare e rendere più consapevole il nostro rapporto così difficile e complesso con l’altro? È giunto il momento di puntare questi strumenti verso il nostro mondo interiore? Come procedere verso questa esplorazione, attraverso e per mezzo di tecnologie che ormai vengono utilizzate diffusamente e che pervasivamente abitano insieme a noi il tempo presente?

Un possibile punto di partenza di questa ricerca, che è una nuova sfida, è quello di affrontare ciò che attualmente possiamo ritenere l’espressione più avanzata, propulsiva e futuribile dell’universo tecnologico: gli studi sull’intelligenza artificiale e le sue realizzazioni, l’analisi dello sterminato e prolifico linguaggio degli algoritmi, il machine learning, le reti neurali, le ricerche sulla realtà aumentata e per finire le esperienze partecipate e condivise dei social media e dei meta-universi.

A questo punto però, quasi per contrapposizione o meglio per “riflessione speculare” del verso dell’indagine, necessaria a orientare la nostra attenzione e ricerca dal mondo esterno verso il mondo interiore, è forse necessario contrapporre le ricerche precedenti ad altre differenti e, anche provocatoriamente, di segno opposto.

Si contrappone così all’espressione logica e razionale dell’intelligenza artificiale, infallibile nel continuo tentativo di essere priva di errori, una “demenza” informatica frutto di esperienze intangibili virtuali e immersive della realtà aumentata, l’espressione illogica e forse un po’ spiazzante della “ragione diminuita”. Quest’ultima si oppone alla smaterializzazione delle comunità delle piattaforme sociali con la fisicità di uno spazio reale che si manifesta attraverso l’azione interattiva dei corpi nelle molteplici relazioni dei caratteri, delle personalità e dei riti. Prestiamo attenzione a queste relazioni, le comprendiamo? Conosciamo le sottili modalità con cui si manifestano, siamo in grado di farne esperienza con maggiore consapevolezza?

Diverse discipline e studi dell’uomo hanno affrontato nel corso dei secoli l’indagine verso il mondo interiore, dandogli nomi diversi e diverse rappresentazioni: anima, spirito, sé, nafs, ataman, inconscio, follia, etc. Molte di queste discipline, come la psicologia, la psichiatria e la psicanalisi, l’hanno studiato attraverso i sintomi e le patologie di cui ritenevano fosse affetto nella necessità di curarlo, di “ridurlo alla ragione”. Altre hanno semplicemente e virtuosamente conosciuto il mondo interiore attraverso gli indizi, i frammenti, i sedimenti che lascia

trapelare quando, a tratti, la ragione che lo imbriglia e lo controlla dirada la sua azione e la sua presenza.

A questo punto sorge una domanda: possono le moderne tecnologie essere strumenti validi con cui osservare e forse capire più efficacemente i frammenti che provengono dal nostro universo interiore? Forse le risposte a questo interrogativo sono molteplici, diverse e per certi versi non ancora certe.

A queste riflessioni si possono aggiungere anche quelle accumulate in tre anni d’insegnamento e quelle che riguardano i futuri sviluppi del corso di Digital Design degli Spazi Espositivi presso l’ISIA di Roma. Un corso che si configura non solo come un laboratorio di ricerca volto a indagare attraverso l’uso delle tecnologie le tracce e i sedimenti del nostro mondo interiore – che in quanto personale è molteplice – ma, per quanto possibile, nella trasversalità delle discipline che si vorrebbero coinvolgere in questa ricerca, la possibilità di studiare le varie metodologie e tematiche utili a queste ricerche.

Oracoli

Il Corso ha avviato la ricerca nell’A.A. 2019-2020 e ha cominciato a raccogliere una serie di riflessioni sul tema della “ragione diminuita, della demenza digitale, dei cascami informatici”, creando una serie di progetti emblematicamente dedicati alla possibilità di realizzare moderni “Oracoli”, luoghi dove la ragione e il raziocinio sono volutamente lasciati in sospeso a favore del loro capovolto, speculare e contrario.

I moderni “Oracoli”, ideati durante il corso, sono stati pensati e progettati con una grande libertà di soluzioni spaziali e tecnologiche e definiti da pochi e semplici elementi obbligatori, come ad esempio le dimensioni massime dello spazio a disposizione, 10m x 10m, oppure semplicemente 100 m2 e, ulteriore passaggio obbligato, la procedura di consultazione che prevede sempre la possibilità da parte dell’utente di porre un “quesito” e, da parte dell’Oracolo, un “responso” che può o deve essere interpretato.

Robot situazionali

Nel corso del primo semestre, stimolata dalle molteplici soluzioni nate dallo studio e dal progetto degli “Oracoli”, è nata l’intenzione di proseguire e sviluppare la ricerca orientandola in modo più diretto verso la sfera delle emozioni e dei sentimenti. Successivamente nell’A.A. 2020-2021 si è pensato di sviluppare ulteriormente la ricerca avviando la realizzazione di un nuovo progetto che partisse dalla scelta casuale e duplice di un’emozione e di uno spazio virtuale e fisico, dove farla vivere ed esperire, per arrivare successivamente alla realizzazione di una serie di “Robot situazionali”: tipologia di realizzazioni in grado di mettere a fuoco il possibile manifestarsi ricorsivo di determinate e “pre-scelte” emozionali in una determinata situazione.

Ovviamente questi robot non sono pensati per essere oggetti o macchine antropomorfe ma sono concepiti come luoghi multimediali, “spazi sensibili” interattivi in grado di generare, con una certa ripetitività, una situazione o una sequenza di “scenari” atti a coinvolgere e ad avvolgere emozionalmente l’utente-visit-attore.

Inizialmente pensati per un ambiente molto semplice, i progetti dei “Robot situazionali” si sono in seguito sviluppati attraverso la declinazione dei progetti in spazi fisici più strutturati, con una caratterizzazione marcatamente da “habitat multimediale”. Partendo dalla scelta di un’emozione, si è passati all’individuazione e alla personalizzazione di uno spazio, dove “mettere in scena” la situazione che si immagina possa evocare l’emozione stessa. In questo spazio, si è tentato di creare un ambiente e un meccanismo narrativo, dove il visit-attore sia spinto quasi inevitabilmente a manifestare un coinvolgimento e una partecipazione all’evento che la sua presenza ha, in qualche modo, attivato.

Trappole sentimentali

Contemporaneamente, sempre nel corso della ricerca precedente, si è sviluppata un’ulteriore attenzione che riguarda le tipologie di relazioni fisiche e soprattutto verbali che in questi “habitat” si creano nel dialogo. Relazioni rese necessarie attraverso opportune interfacce tra dispositivo scenico-multimediale e utente. Per questa ragione, nell’A.A. 2021-2022 si è pensato di dar vita ad una ulteriore ricerca dedicata allo sviluppo di quelle che possono essere definite “Trappole sentimentali”, immaginando che questa formula definisse in modo sufficientemente preciso il “software” dedicato al funzionamento di quei dispositivi fisico-virtuali chiamati “Robot situazionali”.

Per conferire maggiore attenzione agli intrecci e alla forza coinvolgente della comunicazione verbale, le “Trappole sentimentali” ripropongono l’iniziale rigore allestitivo dei “Robot situazionali” presentando un ambiente sensibile e interattivo molto semplice, composto da uno spazio virtuale come continuazione di uno spazio fisico reale, ottenuto videoproiettando o retroproiettando delle immagini su una parete frontale, simulando la continuità dell’ambiente ricreato.

Questo particolare spazio così costruito è praticato da uno o più utenti contemporaneamente, e mediante l’uso di un’interfaccia fisico-virtuale da la possibilità di mettere in relazione, in modo evidente e diretto, chi agisce nello spazio virtuale con chi è presente nello spazio reale, in una sorta di dialogo muto.

La “Trappola sentimentale” è pensata come flusso di accadimenti che si succedono naturalmente anche senza la necessaria presenza del visitatore, che contrariamente a quanto succede negli spazi interattivi, non determina l’avvio della narrazione ma ne è inizialmente ‘preda ignara’ e semplice testimone. La “Trappola sentimentale” è concettualmente un dispositivo virtuale che si immagina possa “catturare” il visitatore (la vera “preda”) in una situazione nella quale i suoi sentimenti sono più o meno, inconsciamente e con diverse motivazioni, predisposti a manifestarsi con frequenza e ripetitività.

I componenti fondamentali e concettuali delle “Trappole sentimentali” che riecheggiano gli elementi di una trappola fisica sono: il Meccanismo, l’Equilibrio delle forze e l’Esca.

Il Meccanismo è costituito dalla generale “messa in scena”, composta in una efficace mediazione tra gli elementi fisico-oggettuali dell’allestimento scenografico e gli elementi visivi e narrativi dei contenuti multimediali. Ad esempio un muro videoproiettato a grandezza naturale in cui è visibile una porta cosi come lo sono le finestre ai suoi lati, attraverso cui si può sbirciare all’interno.

L’Equilibrio delle forze è, in partenza, un’apparente condizione di riconoscibile stabilità narrativa, indispensabile per far ‘scattare la trappola’ successivamente, attraverso lo sbilanciamento improvviso dello stato di quiete. Ad esempio, attraverso due finestre si scorgono le persone coinvolte in un normale dialogo, a tratti serrato, che alternandosi appaiono davanti alle aperture. Il suono delle loro voci ci giunge molto attutito ma, in alcuni momenti, ciò che si stanno dicendo, appare chiaramente percepibile. Forse, in questo modo, verrà voglia di avvicinarsi e ascoltare, di “origliare”.

Il visitatore può scegliere se avvicinarsi per ascoltare ciò che viene detto oppure resistere alla tentazione e non interessarsi a ciò che accade dietro alle finestre.

L’Esca, così come nelle trappole per la caccia, per la forte attrazione che provoca e per il suo ruolo di oggetto apparentemente inoffensivo ma desiderabile, evoca impulsi spontanei che rimandano a consuetudini culturali apprese in modo automatico a cui è difficile sottrarsi. Per questa ragione in prossimità della porta videoproiettata è collocato un reale e tradizionale campanello a pulsante. Il suonarlo farà semplicemente ‘scattare la trappola’, ma attenzione: questo non è l’obbiettivo della ricerca quanto il mezzo attraverso il quale si tenta di afferrare l’irraggiungibile obbiettivo.

Due considerazioni finali. La prima riguarda il paradosso dell’irraggiungibilità della “preda” e/o del cacciatore cacciato. Il cacciatore nella sua azione di cacciare e di porre trappole manifesta già una certa inclinazione ma, d’altra parte, il cacciatore stesso non vivrà mai l’emozione provocata dalla sua azione potendola solo intuire dalla reazione del visitatore, l’unico che la proverà veramente ed in modo personale. Potrà tuttalpiù sperare nella condivisione verbale dell’esperienza senza mai poterne ‘afferrare’ l’effetto (vivere, cibarsi, della sua preda).

La seconda considerazione collegata e conseguente alla precedente, è che a volte la trappola è inefficace a causa della dimensione della preda. Quindi per i “cacciatori” dell’inafferrabile preda è consigliato costruire trappole appropriate, trappole che intrinsecamente possono essere inefficaci. Oppure prendere atto e praticare intenzionalmente senza intenzioni, come recita un celebre passo de Lo zen e il tiro dell’arco (Herrigel, 1987), che la caccia sarà quella ad una preda irraggiungibile.

Riferimenti bibliografici

Herrigel, E. 1987 (1948). Lo zen e il tiro dell’arco. Adelphi.